DOVE SI AGGREGANO I RAGAZZI?
È interessante e
divertente giocare con le parole, provare e “smontarle”, dividerle in parti e
rimettere insieme i pezzi. La parole AGGREGAZIONE significa “associazione,
unione” e, “giocandoci” può diventare AGGREG-AZIONE. Questo è un passatempo,
non ha niente a che fare con l’etimologia della parola, ma è bello pensare che
l’aggregazione, lo stare insieme, l’unione possano diventare “azione”. La
natura umana è strutturalmente aggregativa: nessun essere umano è pensabile
come a se stante, ciascuno si nutre dell’altro e solo nello spazio della
relazione con altri prende forma, fin dalla nascita.
Ma ci sono ancora,
oggi, luoghi e tempi di relazione? Dove si aggregano oggi i ragazzi? Lavorando
in un centro di aggregazione, la domanda nasce nel momento in cui questo spazio
vede a volte la presenza di pochi ragazzi, nonostante la varietà delle proposte
e il tentativo continuo di avvicinarli per conoscerli ed entrare in relazione
con loro. La domanda è anche obbligatoria perché come educatori, non si può
pensare di aspettare semplicemente i ragazzi nel proprio luogo, sperando che
qualcuno arrivi. Oggi più che mai, c’è bisogno di andarli a trovare lì dove si
trovano, dove si ritrovano... ma dove si incontrano?
E soprattutto, si incontrano ancora? C’è ancora il bisogno
di trovarsi nella piazza del paese, di stare sulle panchine delle vie oppure ai
giardinetti per chiacchierare faccia a faccia? Di darsi appuntamento al negozio
per comprare biscotti e caramelle da mangiare da qualche parte, in giro,
raccontandosi le proprie paure, i brutti voti a scuola, le emozione che nascono
dalla ragazza che piace? Il timore è che questi momenti siano sempre meno e che
il desiderio di stare insieme non sia più un’urgenza; il rischio è che i
ragazzi stiano perdendo il contatto con la loro dimensione più vera e profonda,
quella relazionale e che finiscano per incontrarsi solo ai corsi sportivi o a
quelli di recupero, quando arrivano gli ultimi mesi di scuola; oppure a feste
ed eventi organizzati. Ma non sentono così forte il bisogno di cercarsi senza
una “ragione esterna”, semplicemente motivati dal desiderio di stare insieme.
I ragazzi sono
sicuramente presi dagli impegni scolastici ma forse anche pigri nell’uscire dai
propri spazi comodi e sicuri, dove spesso trascorrono il tempo con i
“passatempi tecnologici”.
Tutto questo interroga profondamente noi adulti che abbiamo
il compito educativo di accompagnare i ragazzi nel percorso di crescita: noi
che abbiamo profondamente creduto nell’aggregazione, e ancora ci crediamo,
vogliamo e dobbiamo aiutare i ragazzi a ritrovare il tempo per stare insieme,
creando spazi alternativi se quelli tradizionali non sono più adeguati e non
rispondono alle richieste dei ragazzi. Per farlo, però, dobbiamo unire le forze
perché solo dall’aggreg-azione nasce l’azione, solo mettendo insieme più
prospettive e pensieri si puo’ progettare, o meglio co-progettare, co-costruire
qualcosa di innovativo, che osi anche esperienze “strane”, insolite. Questo può
essere (è) un invito ai genitori ma anche a tutti quelli che hanno voglia di
mettersi in gioco per i nostri ragazzi, tentando di immaginare insieme scenari
di socialità e aggregazione nuovi, significativi ed educativi.
di Valentina Trabucchi*
*educatrice e laureata in beni culturali
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