A CHE SERVE STUDIARE?
Ci stiamo avvicinando
alla fine dell’anno scolastico, al temuto “verdetto finale”, insieme ai ragazzi
viviamo quel periodo in cui il desiderio di riuscire a farcela, il voler
mettercela tutta per riuscire a “tirar su” le ultime materie viene intervallato
dalla stanchezza che si fa sempre più sentire.
Cosi i ragazzi si chiedono:
ma a cosa serve studiare?
A che cosa mi serve sapere
come si calcola l’area del rombo?
E di Napoleone?
A cosa mi serve?
Probabilmente, anche a noi
adulti queste domande, lette così non serviranno davvero a niente.
Allora ci si
chiede come far capire ai ragazzi quanto davvero è importante “perdere tempo
sui libri”, che studiare servirà loro per imparare a prendere delle decisioni,
importanti o meno.
Servirà a conoscere le
imprese da cui prendere ispirazione e gli errori da non ripetere.
Servirà per non
credere a tutto.
Servirà per non farsi
ingannare.
Studiare: è la forza
di desiderare e lottare per qualcosa in cui credi.
Forse non servirà per
il lavoro che sogni, non è detto che servirà per fare carriera, per
arricchirsi; d'altronde abbiamo molti esempi che ce lo confermano, ma i ragazzi
sono concreti, hanno bisogno di vedere “le cose”, l’attesa non è sempre nelle
loro corde.
Allora deve essere
nostro obiettivo, come educatori, insegnanti e genitori, riuscire a “farli
studiare”, a farli appassionare, coinvolgerli in quello che vedono e leggono
dai libri, di fargli capire che quello che studiano ha a che fare con il
presente, con quello che vivono. Che studiare è anche un impegno importante che
è richiesto loro in questo periodo della vita.
Ma accendere
l’interesse non significa semplicemente ottenere che svolgano tutti i compiti e
che vadano bene in un’interrogazione o un compito in classe: significa per
prima cosa accendere la curiosità.
Lasciare che facciano domande, che provino a
esprimere le proprie opinioni, che condividano le proprie deduzioni.
Ricordiamoci che l’apprendimento
non ha a che fare solo con la volontà, se esso non dialoga con la passione e se
non provoca la sfida, sarà destinato alla sconfitta.
Dobbiamo soprattutto tenere a mente
che non sarà il voto e nemmeno una bocciatura a dimostrare il loro valore, chi
sono o chi diventeranno, ma che queste sono esperienze forti, a volte anche
negative e che non devono finire necessariamente con una punizione, ma devono
prima di tutto farci comprendere, che noi adulti, siamo i primi responsabili e
che probabilmente abbiamo sbagliato qualcosa, e che a poco serve cercare “un
colpevole” o rimbalzare la colpa del fallimento a questo o a quello, ma che non
siamo riusciti ad accendere in loro la fiamma della curiosità.
di Monica Franceschina*
*educatrice
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