COSTRUTTORI DI PONTI
Quante
volte siamo a dire negativamente, e purtroppo ultimamente ancor di più, che non
si fa mai abbastanza per una o per quella cosa, che le persone fanno “sempre”
scelte sbagliate; «se avessero chiesto a me, io avrei sicuramente fatto
meglio», che tutti dicono e fanno “cavolate” come se tutti fossero degli
incompetenti e si divertissero a rendere la vita complicata…come se noi fossimo
gli unici con la verità in tasca…ALT! Proviamo a fare un passo “indietro” e
prendiamo un bel respiro.
Volutamente
sono provocatorie queste prime righe, ma sfido chiunque a non averle
pronunciate almeno una volta, io per primo.
Cerchiamo
ora un’immagine che dia voce ad un nostro pensiero legato invece alla
collaborazione, al capire l’idea e l’opinione dell’altro, a metterci nei panni
di colui o colei al quale abbiamo puntato il dito e ci rendiamo conto che il
più delle volte facciamo riferimento all’idea di “ponte”.
Esso
è qualcosa che lega due realtà differenti, più o meno lontane, è l’immagine più
vera di ciò che serve per superare un ostacolo, un impedimento, un intralcio.
È
un’idea che per forza di cose mette in discussione due realtà e che obbliga ad
un cambiamento, a vedere le cose da un’altra prospettiva…quella appunto
dell’altra sponda del ponte.
Crediamo
fermamene che come adulti, educatori, insegnanti, catechisti, allenatori e
tutti quelli che hanno un compito educativo nei confronti delle future
generazioni, che abbiamo il compito e il dovere di essere “costruttori di
ponti” e cercare di far capire ai nostri ragazzi che non siamo “orticelli” che
vivono da soli, che non tutto quello che fanno gli altri è sbagliato, che non è
vero che “i panni sporchi si lavano in casa propria”, che chiedere aiuto –
gettando ponti – sia un gesto di debolezza e di diffidenza o che tutti siano
cattivi solo perché diversi da noi.
Un
giorno un saggio disse: «ogni volta che puntiamo il dito contro qualcuno, ne
abbiamo altri tre puntati verso noi stessi». Forse se fossimo tutti un po' più
costruttori di ponti ci renderemmo conto che le difficoltà di chi mi sta
accanto sono meno pesanti se condivise, e le mie sarebbero meno ingombranti se
avessimo l’umiltà di riconoscerle.
Nessuno
ha mai detto che sarebbe stato facile, ma di certo deve valerne la pena…i
nostri ragazzi imparano da come ci poniamo difronte alle cose piuttosto dalle
parole che usiamo.
di Michele Ricetti*
*educatore e pedagogista
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