IL CORAGGIO DI INDIGNARCI
Anche solo di sfuggita alla
televisione, o passando davanti alle cartolerie del paese, alcune notizie ci
colpiscono senza preavviso. Sono certo che nessuno di noi è totalmente
all’oscuro di ciò che sta succedendo in Siria in questi giorni, nella zona
chiamata Kurdistan. Una strage annunciata che nessuno sembra intenzionato
seriamente a fermare.
Notizie come queste sono sui nostri
schermi tutti i giorni, tanto che nemmeno ci facciamo più caso. Sfruttamento di
uomini, donne e bambini, privazioni della libertà di parola, condanne a morte
sommarie, un ambiente al collasso, corruzione dilagante… Come spettatori ormai
assuefatti alla violenza, comodamente sdraiati sui divani delle nostre case
calde e accoglienti, ingeriamo la nostra pillola quotidiana di brutalità, di
diritti negati, di miseria. Senza battere ciglio.
In questo mondo iperconnesso tutto è
puntualmente documentato, registrato, alla luce del sole; ma mai come in questa
epoca si percepisce la confusione nel capire dove sia la verità, in quale modo
sia opportuno interpretare gli eventi, come trovare il fil rouge che
lega tra loro le notizie. Il risultato è che questa mole di informazioni ci fa
perdere l’orientamento, ci stordisce e, alla fine, ci rende incapaci di
reagire.
Forse nella seconda metà del secolo
scorso era diverso: aver vissuto - direttamente o indirettamente - le
conseguenze devastanti della guerra aveva reso le persone sensibili verso i
soprusi dei potenti, le aveva rese disponibili a far sentire la propria voce,
denunciare le ingiustizie, fare la propria parte per portare maggiore giustizia
sociale nel mondo. I grandi movimenti di protesta, i sit-in, le contestazioni
di piazza: adulti e giovani lavoravano insieme, orientando l’opinione pubblica
e proponendo azioni concrete e condivise per cambiare il pianeta. Oggi invece
sembra che nulla più ci scuota, che niente riesca a risvegliarci dal torpore. Ed
è una cosa della quale le nuove generazioni ci chiederanno conto.
Si sente dire spesso che ai giovani,
oggi, manchi un punto di riferimento. Ed è vero! Si percepisce la loro ricerca
di qualcuno che, con coraggio e spirito di sacrificio, abbia ancora il coraggio
di alzarsi in piedi. L’ambizione di provare a cambiare il mondo. La tensione
verso un ideale che vada oltre ai propri interessi e al proprio banale “stare
bene”.
Se come adulti non avremo la forza di indignarci di fronte a
ciò che accade, se non ci faremo almeno sfiorare dalla domanda “Ma io, che cosa
potrei fare?”, compiendo lo sforzo di approfondire, suggerendo sentieri di
pensiero, orientando il dissenso… i nostri figli, i nostri alunni, i nostri
ragazzi non ce lo perdoneranno mai.
di Daniele Rocca*
*filosofo ed insegnante
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