Uno "strano" incontro...
S:
Che lavoro fai?
M:
Sono “Assistente alla Comunicazione e all’Autonomia”.
S:
Cioè? Dove lavori?
M:
A scuola, mi prendo cura dei ragazzi con qualche difficoltà.
S:
Sei un’insegnante di sostegno?
M:
No, sono un’Assistente.
S:
Nell’elenco non c’è… posso mettere maestro?
M:
No…
S:
Allora operaio?
M:
Vedi tu, non so che dire.
S:
Ma cosa fa “questo assistente”?
M:
È una figura un po' “sconosciuta” per la stragrande maggioranza delle persone,
ma presente da anni ed è indispensabile per garantire il diritto all’istruzione
ai bambini e ragazzi con disabilità. Non è un’insegnante, ha una formazione
diversa, un mandato diverso.
S:
Ok ma esattamente cosa fa?
M:
Ovviamente sono di parte, ma credo che sia una figura fondamentale per costruire
il progetto di vita dei ragazzi di cui si prende cura. L’assistente lavora
a fianco del ragazzo e prova a raccogliere tutte quelle che sono le indicazioni
di tutte le figure che si occupano di lui senza sostituirsi a loro.
S:
Quindi fa quello che gli dicono gli insegnanti?
M:
Nemmeno questo, o meglio… non è una gerarchia, sono proprio ruoli diversi. L’assistente
non vuole essere un maestro. Certo, lavorare a scuola ha sicuramente un
potenziale enorme, ma l’obiettivo didattico condiviso con gli insegnanti per
noi è uno strumento per raggiungere obiettivi diversi…legati appunto
all’autonomia. Allo stesso tempo è anche complicato, spesso siamo considerati gastarbeiter,
“un lavoratore ospite”, e per questioni burocratiche non messo a conoscenza di
alcune informazioni importanti.
S:
Ma allora siete più “legati alla famiglia”?
M:
Nemmeno questo. Non vogliamo essere “gli amiconi” e nemmeno i confidenti della
famiglia. Certo, la realtà in cui operiamo sta investendo nel sostegno alle
famiglie con difficoltà e lavorando anche in altri servizi spesso abbiamo la
possibilità di conoscere maggiormente ciò che sta intorno ai ragazzi. Noi
proviamo ad ascoltare i bisogni e ad accompagnare la persona, di cui ci
prendiamo cura, per far sì che stia bene e possa esprimersi sviluppando al
meglio tutte le proprie capacità. Operiamo “con le relazioni”, proviamo a
costruire quei ponti senza i quali i ragazzi e le ragazze con
disabilità subirebbero un grave isolamento. Dobbiamo aver bene in mente gli
obiettivi scolastici e personali del breve periodo, ma senza perdere di vista
quelli a lungo termine previsti dal progetto di vita. Proviamo ad essere di
supporto. Proviamo a “sfruttare” la vicinanza che si crea con le famiglie per
riportare in modo diverso ciò che con tutti gli altri è stato condiviso.
S:
E chi è il vostro capo?
M:
Lavoriamo per una Cooperativa Sociale, che ne ha ricevuto il mandato dopo aver
partecipato ad un bando comunale. A loro dobbiamo “rendere conto” di quello che
facciamo. Una caratteristica per me importante del nostro lavoro, soprattutto
grazie alla Cooperativa in cui lavoro è la possibilità e richiesta di operare
in equipe. Sapere di non essere sola, di poter condividere con altri, di poter
chiedere aiuto ti permette sicuramente di lavorare più serenamente. L’Assistente
all’autonomia e alla comunicazione sa che per “fare un ottimo lavoro”
bisogna fare squadra, perché da soli si va veloci, ma insieme si va più
lontano. Proprio per questo si cerca continuamente punti di incontro con la
scuola, con la famiglia, con medici… insomma… fare l’assistente è davvero un
bel lavoro.
S:
Scusa ma gli altri no?
M:
Certo, anche gli altri, ma tu mi hai chiesto cosa fa l’assistente. E ho provato
a raccontarti quello che siamo e che ci viene chiesto! Proviamo a farlo al
meglio, ognuno con le sue potenzialità. Non facciamo i maestri, non ne siamo
capaci e non siamo nemmeno psicologi…non lo faremmo mai! Io voglio proprio fare
l’Assistente!
di Monica Franceschina*
*educatrice
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