Raccontare educa

 


Il narrare e il raccontare sono principalmente un’azione, un movimento dall’io verso un tu, un noi, è un andare verso l’altro, narrare è un atto relazionale, che rende noto, evidente, una parola, uno scritto, un gesto e dunque un significato. Daniel Taylor sostiene che «ognuno è il prodotto delle storie che ha ascoltato e che ha vissuto»*

Quotidianamente si racconta e ci si racconta, ed è proprio questa relazionalità lo strumento del processo formativo per la costruzione di significati.

Nella storia evolutiva dell’uomo, il narrare ha risposto e continua a rispondere a una necessità profonda, addirittura primordiale. Oralità e scrittura, sono sempre stati strumenti di trasmissione del sapere e dei racconti che accompagnano la vita dei popoli nella storia. Attraverso le narrazioni le persone divengono compiutamente umane perché dispongono di un modo per riflettere su quello che hanno dentro di sé, proprio raccontandolo agli altri.

Raccontare il lavoro educativo dei diversi servizi e importante per sostare e riflettere su un cammino di cambiamento e di crescita dell’educando e dell’educatore. Lavorando come educatore, in un Centro di Aggregazione Giovanile che si occupata del tempo libero dei bambini e ragazzi, favorendo spazi e momenti di crescita e relazione, ritengo fondamentale raccontare quello che succede, quello che proponiamo e come accompagniamo i “nostri ragazzi” verso il futuro. Non solo si racconta per educare, ma l’educazione stessa deve essere raccontata. Il lavoro educativo, infatti, spesso invisibile e difficile da mostrare, può essere reso visibile anche a soggetti esterni, attraverso la narrazione. Raccontare il lavoro educativo, non è facile e immediato, ma è necessario, per una possibile riflessione e significazione sull’azione educativa, pensata come una storia, un cammino in continua evoluzione. Una storia che si racconta con forme e modalità diverse e differenti, con il compito di fermarsi ed interrogarsi. Conoscere e far conoscere il lavoro educativo è un compito importante, non solo per l’educatore, ma soprattutto per i fruitori e tutto il territorio, per generare consapevolezza e attenzione al proprio lavoro e ai propri vissuti. Soprattutto in un momento “particolare” come quello che stiamo vivendo, il racconto, l’ascolto, il fermarsi, il sapere come stai, lo sguardo parlante, diventano importanti per continuare a camminare insieme come comunità. L’educazione, dunque, si serve della narrazione come strumento privilegiato.

Quindi, raccontare educa.

 

di Thomas Sosio**

**educatore



*D. Taylor, L’arte della narrazione per aiutare la psiche, Frassinelli, Piacenza 1999.

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