Ma tu che lingua parli? - (Vincenzo Morcelli)

 

Ognuno di noi si sente amato e “voluto bene” in diversi modi e, allo stesso tempo, ha differenti modalità di comunicarlo. Questo sicuramente vale per i grandi ma, oserei dire, anche e soprattutto per bambini e ragazzi. Ovvio si tocca un tasto un po’ delicato, bello, faticoso che appartiene a tutti e che ci accompagna nei nostri gesti quotidiani in ogni contesto e in ogni momento, soprattutto fra le quattro mura domestiche.
«Ogni persona ha un serbatoio emozionale, e quando questo è pieno tutto scorre meglio e anche le difficoltà sono più abbordabili. Man mano che un bambino cresce, la sua capacità di apprendere aumenta grazie a diversi fattori, il più importante dei quali è la maturità emozionale. Più il bambino è maturo a livello emozionale più è capace di apprendere e i genitori hanno l’influenza più importante sulla crescita emozionale del bambino»[1].

Queste parole mi hanno fatto riflettere e pensare in primis alla grande responsabilità che abbiamo come adulti; le competenze emotive allenate da piccoli aiutano e sostengono le scelte future quando bisogna iniziare ad arrangiarsi nel diventare grandi.
La maturazione emozionale, infatti, influenza autostima, sicurezza, capacità di affrontare le tensioni e il cambiamento, capacità di apprendere e socializzare.
L’altro aspetto che colpisce è il racconto di diverse esperienze vissute dai bambini che sono molto sensibili ai nostri sentimenti, per questo motivo sono molto consapevoli delle nostre manifestazioni d’amore nei loro confronti. Certo è che diversi sono i modi di manifestare il bene che vogliamo: da un abbraccio e un contatto fisico ad un dono o un regalo, dal tempo passato insieme a fare qualcosa di speciale ad un incoraggiamento verbale o a gesti specifici di attenzione e servizio.

I “gesti del voler bene” che quotidianamente facciamo possiamo paragonarli ad una vera e propria forma di linguaggio estremamente potente che richiede anche uno sforzo per scoprire il linguaggio d’amore principale dei bambini, un “linguaggio” che parla loro “meglio degli altri”. Tutti siamo diversi e la vera sfida è quella di cogliere quali gesti più di altri ci fanno sentire amati. Ad un bambino che si sente amato, nessun abbraccio sarà valorizzato tanto come quel tempo speciale passato insieme.

Ho apprezzato la bellezza “di addentrarsi” in queste questioni, dall’altro anche la fatica di fermarsi e soffermarsi su alcune cose che richiedono energia, “testa”, interrogativi. Lo slancio finale però invoglia tutti a mettersi in cammino ribadendo come «c’è sempre un’altra possibilità, ci sono ancora tante opportunità, si può sempre ripartire e non è mai troppo tardi. L’aspetto meraviglioso dei rapporti umani è che non sono statici. La possibilità di far sì che migliorino esiste sempre»[2]. Acquisire competenze emozionali non significa, infatti, avere garanzia che non ci siano episodi di fatica o ribellione; come adulti acquisire competenze su questo significa che i bambini sapranno di essere amati e questo può infondergli sicurezza e speranza, può aiutarli meglio nel diventare adulti responsabili.

 

di Vincenzo Morcelli*

* educatore e coordinatore del CiAGi Livigno



[1] GARY CHAPMAN – ROSS CAMPBELL, I cinque linguaggi dell’amore dei bambini, Elle Di Ci, 2008
[2] Idem


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