Sarà forse tutta una questione di sguardi? - (Vincenzo Morcelli)
Negli
ultimi mesi in diverse occasioni, lavorative e no, mi è risuonata alle orecchie
una parola: sguardo. Il fatto di risentirla più volte mi ha fatto pensare; uno
sguardo è un gesto che presuppone che si aprano intenzionalmente gli occhi per
vedere, per “assaporare contorni”, dettagli, sfumature.
Lo sguardo può essere un atto di cura in cui il tempo è sospeso e attende evoluzioni.
Lo sguardo può essere un atto di cura in cui il tempo è sospeso e attende evoluzioni.
Se lo ripensiamo all’interno di una relazione, lo sguardo è
il primo gesto educativo che non consiste tanto nel dire o fare qualcosa, bensì
nel guardare e nell’ascoltare. Sicuramente è uno strumento potentissimo: quante
volte tante situazioni si sono risolte con un semplice ma efficacissimo
sguardo. Nel tram-tram di tutti i giorni a volte si è condizionati dal
desiderio di tenere tutto sotto controllo: le situazioni, le persone, le cose,
con il rischio di vedere nell’altro solo le immagini che captiamo o
proiettiamo.
Può essere faticoso esercitare un lavoro “di sgombero” per permettere all’altro di mostrarsi per quello che realmente è. Tuttavia, è dentro questa consapevolezza che si gioca la qualità del legame educativo. Occorre forse rinunciare a un'etichetta, a una visione totalizzante, definita, in favore di una messa a fuoco più graduale, di uno sguardo più diffuso.
Quasi come se ci venisse chiesto di avere uno sguardo “strabico”, in grado di vedere in modo composito e differente più elementi. Sforzarsi dunque di avvicinarsi a ciò che osserviamo per poi cambiare il nostro punto di osservazione. Lavorando e stando a contatto quotidianamente con bambini e ragazzi abbiamo la necessità di uno sguardo allargato, uno sguardo promozionale che è in grado, anche in situazioni fragili o faticose, di riconoscere cosa c’è che va bene e cosa è possibile incrementare senza fermarsi solo nel vedere ciò che manca.
Questo ancor più vero se lo leghiamo al fatto che in diverse situazioni i “fattori di rischio” e i “fattori di protezione” possono cambiare significato in base a come vengono osservati.
Può essere faticoso esercitare un lavoro “di sgombero” per permettere all’altro di mostrarsi per quello che realmente è. Tuttavia, è dentro questa consapevolezza che si gioca la qualità del legame educativo. Occorre forse rinunciare a un'etichetta, a una visione totalizzante, definita, in favore di una messa a fuoco più graduale, di uno sguardo più diffuso.
Quasi come se ci venisse chiesto di avere uno sguardo “strabico”, in grado di vedere in modo composito e differente più elementi. Sforzarsi dunque di avvicinarsi a ciò che osserviamo per poi cambiare il nostro punto di osservazione. Lavorando e stando a contatto quotidianamente con bambini e ragazzi abbiamo la necessità di uno sguardo allargato, uno sguardo promozionale che è in grado, anche in situazioni fragili o faticose, di riconoscere cosa c’è che va bene e cosa è possibile incrementare senza fermarsi solo nel vedere ciò che manca.
Questo ancor più vero se lo leghiamo al fatto che in diverse situazioni i “fattori di rischio” e i “fattori di protezione” possono cambiare significato in base a come vengono osservati.
Questo “confronto di
sguardi”, se fatto poi insieme ad altre persone, ognuna portatrice di sguardi
nuovi e differenti, risulta essere un lavoro ancora più completo che permette
una visione migliore, ampia e più ricca; serve poi ricordarsi sempre che se
alcune cose non possono cambiare, siamo noi che possiamo provare a vederle in
modo differente scegliendo magari, successivamente, di agire in modo diverso.
di Vincenzo Morcelli
educatore
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