Ri-caro diario... - ("Simo")
ti ho lasciato un po’ in sospeso, ma sono tornata, per spiegarmi meglio.
Ti ho
parlato del giudizio come di una voce cattiva e antipatica, creata apposta per
farmi soffrire, ma sai, non è sempre così…
Certamente
il giudizio più riconoscibile è quello presuntuoso che vuole dirmi cosa è
giusto e cosa è sbagliato, dimenticandosi che tutti noi vediamo il mondo
diversamente, che veniamo da storie diverse.
Ci sono però
anche delle cose che le persone dicono senza davvero accorgersi dell’effetto
che potrebbero avere. Pensano che la loro sia un’opinione, un libero pensiero,
ma poi fanno un “piccolo” errore: applicano questo pensiero a tutti, come se
fosse una regola universale; perciò, se tu o io non corrispondiamo a quella
regola, significa che c’è qualcosa di sbagliato in noi. E poi ancora ci sono
quellǝ che pensano di dirti qualcosa di carino, ma non si accorgono che ti
stanno ferendo.
Mi succede
spesso di sentirmi dire: «Che meravigliosa famiglia che hai, non potresti avere
di meglio. Non lamentarti». In quel momento davanti ai miei occhi passano le
immagini delle nostre litigate o dei lunghi silenzi che vivo a casa e che mi
fanno tanto soffrire, allora mi zittisco e mi rattristo. Significa che io e
miei genitori non ci vogliamo bene? o che io li odio?
No,
significa che quella frase, che vorrebbe essere un complimento, mi ferisce perché
ignora delle cose importanti che quella persona non vede, ma che per me sono
quotidianità e mi fanno soffrire, e in più mi spiega come mi devo sentire. È
una finta perfezione che viene da un pregiudizio, un’idea nata da alcune cose
vere (forse), ma incompleta, perché lo sguardo di quella persona è limitato
rispetto a quello che io vivo ogni giorno.
Stai
pensando «Eh, ma non si può più dire niente!?» Non è vero, caro amico,
semplicemente “si può ascoltare molto”. A volte le persone ci raccontano di sé,
di semplici fatti quotidiani, e la nostra risposta inizia subito con «Anche io…
anche a me…» e iniziamo a parlare di noi stessi.
Hai mai
provato a chiedere «Come ti sei sentitǝ? Cosa vorresti? Cosa cerchi di dirmi
con questa storia?»
Ho scoperto
che queste semplici domande aprono porte gigantesche, ma soprattutto aprono gli
occhi di chi ha davvero voglia di accogliere un mondo diverso dal proprio. Con
queste domande io divento curiosa, imparo cose incredibili che magari non avevo
nemmeno immaginato, ma che da oggi saprò riconoscere se un’altra persona le
starà vivendo (o forse anch’io?) e saprò vedere infinite sfumature. «Che bella
famiglia, stai bene con loro?» – «Ci vogliamo molto bene, anche se stiamo
vivendo un periodo difficile»: riesci a vedere come tutto diventa magico?
Invece di spegnersi, il dialogo continuerà. Invece di ferire, farai capire agli
altri che li ascolti, che ti interessa quel che vivono.
Ci proverai?
Simo
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