“I disabili non esistono: chiunque ha
delle abilità, così come delle difficoltà. Siamo noi a determinare se ci
saranno altri disabili in futuro oppure se, a partire da oggi, chiunque potrà
scegliersi il futuro che sogna”. Ho letto questa frase alcuni mesi fa e,
convivendo con una disabilità, posso dire che non sempre è così. Ho una
disabilità fin da quando ero piccola ma, per fortuna, i miei genitori mi hanno
sempre spronata lasciandomi trovare le tattiche adatte a me per svolgere le
cose più banali come: allacciarmi le scarpe, i bottoni e la giacca. Non mi hanno mai imposto i loro tempi, ma
hanno sempre rispettato e accolto i miei. Da poco sono entrata nel mondo del
lavoro e, posso affermare che, così come in quello scolastico, c’è poca
inclusione. Spesso, la persona disabile, è ostacolata dal medico del lavoro il
quale dice che il lavoro che vorresti fare (quello dei tuoi sogni) non è adatto
a te; dai colleghi di lavoro che non rispettano i tuoi tempi, non ti aiutano
e/o non ti danno consigli su come poter affrontare al meglio il nuovo lavoro,
ma anzi, dicono a terzi che non sei in grado e da persone che dicono: “sei qui
da 3 mesi…” come se si dovesse imparare in un tempo prestabilito da altri, ma
non è assolutamente così, perché ogni persona ha i suoi tempi e vanno
rispettati. Viviamo in una società fortemente
giudicante, le accezioni negative prevalgono su quelle positive.
Un buon educatore, invece, non
giudica. Noi accogliamo le difficoltà. Guidiamo con pazienza e gentilezza,
passo dopo passo. Infatti, educare significa “tirar fuori”, far emergere
potenzialità, bisogni, desideri, autonomie ed abilità dell’altro.
L’educatore non deve sostituirsi alla
persona che ha davanti, ma aspetta, rispetta ed accoglie i suoi tempi. “Ognuno avanza con il suo tempo e come può…e
va bene così”.
Fortunatamente,
nella mia vita, ho trovato anche persone che non mi hanno giudicata per questo,
ma mi hanno sempre supportato. Ma soprattutto sono grata ai bambini con cui
lavoro che, certe volte, inaspettatamente, si avvicinano e mi dicono: "Ti
voglio tanto bene" o "sei la mia preferita" e allora lí, ti si
riempie il cuore di gioia e l'unica cosa che puoi fare è dargli un mega
abbraccio. Ecco, noi adulti dovremmo imparare dai bambini ad essere più spontanei
e vivere con leggerezza. I bambini trattano i coetanei con una disabilità come
se fosse un bambino normodotato, non lo giudicano perché non sa fare un
qualcosa, anzi cercano di aiutarlo a raggiungere gli obiettivi in comune
trovando le modalità più adatte a lui.
di Elena Rodigari
(educatrice)
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