Un giorno ho deciso (Lavinia Ancuta - economista e specializzata in statistica)
Un giorno ho deciso di cambiare tutto.
Ho deciso di iniziare una nuova vita in un posto nuovo, lasciando dietro casa, amici e lavoro.
Arrivavo in Italia tramite un progetto di volontariato senza conoscere molto bene la lingua.
Di Genova non sapevo molto prima di partire.
Avevo sentito parlare della sua bellezza, della sua varietà culturale e sociale ed ho pensato che avrebbe potuto essere il posto giusto per me.
Il mio servizio consisteva nel lavorare in un centro giovanile con bambini e ragazzi provenienti da diversi paesi del mondo, la maggior parte di loro figlie e figli di migranti di prima generazione. Avevo scelto questo progetto perché lo sentivo vicino, personale, essendo la mia famiglia anche lei parte della comunità migrante in altri paesi.
Mi sono sempre chiesta come fa la gente ad integrarsi in una comunità nuova. Da piccola pensavo che, naturalmente, tutti siamo parte di una comunità che ci offre supporto e il sentimento di unità ed anche uscendo dal proprio paese sarà lo stesso. Pensavo che cambiare paese non fosse altro che un'esperienza divertente. Vedi nuovi posti, impari una nuova lingua, conosci una nuova cultura. Però crescendo, iniziando a viaggiare e fare diverse esperienze all’estero ho iniziato a sviluppare un po’ di ansia nel partire per un'esperienza di lunga durata. Avevo scoperto dalle prime uscite che in un Europa che si vuole accogliente ed uguale per tutti in realtà si da ancora molto ascolto ai pregiudizi e agli stereotipi. Da quel momento, la mia maggior preoccupazione è sempre stata quella di come sarei stata percepita in un paese che non è mio, di essere messa in una categoria senza avere la possibilità di dimostrare il contrario.
Siamo abituati a giudicare senza conoscere e senza provare a conoscere.
La diversità culturale e non solo, ci spaventa.
Però penso che stiamo semplicemente evitando un’opportunità di crescita. La diversità, alla fine, non è altro che ricchezza. Siamo fatti per essere socievoli, creare relazioni, buttarci nello sconosciuto e trovare delle risposte. Metterci in gioco e conoscere nuove realtà, guardare il mondo anche attraverso gli occhi altrui e vivere la nostra vita in comunione con l'altro.
Avevo letto ad un certo punto un paragone sulla diversità culturale come un mosaico dove ciascuno di noi contribuisce con il suo pezzo. «Pensare che la tessera sia il mosaico sarebbe assurdo. Ma senza quella tessera, per quanto piccola e inconsistente, il mosaico sarebbe incompleto. Le tessere del mosaico hanno varie forme, colori e dimensioni. Proprio per questo il mosaico alla fine è così bello». (Fausto Giunchiglia)
A Genova ho scoperto che ci sono tante cose che possiamo imparare uno dell'altro, che abbiamo ancora da scoprire di noi stessi…
A Genova ho incontrato persone che hanno voluto iniziare da capo e gente che l’ha fatto non avendo un’altra scelta.
A Genova ho scoperto cosa vuol dire l’unità nella diversità.
A Genova mi sono sentita parte del mosaico.
…e spero di esserlo anche qui…
“It is time for parents to teach young people early on
that in diversity there is beauty and there is strength.” - Maya Angelou.
("È tempo che i genitori insegnino presto ai giovani che nella diversità
c'è bellezza e c'è forza.")
Ho deciso di iniziare una nuova vita in un posto nuovo, lasciando dietro casa, amici e lavoro.
Arrivavo in Italia tramite un progetto di volontariato senza conoscere molto bene la lingua.
Di Genova non sapevo molto prima di partire.
Avevo sentito parlare della sua bellezza, della sua varietà culturale e sociale ed ho pensato che avrebbe potuto essere il posto giusto per me.
Il mio servizio consisteva nel lavorare in un centro giovanile con bambini e ragazzi provenienti da diversi paesi del mondo, la maggior parte di loro figlie e figli di migranti di prima generazione. Avevo scelto questo progetto perché lo sentivo vicino, personale, essendo la mia famiglia anche lei parte della comunità migrante in altri paesi.
Mi sono sempre chiesta come fa la gente ad integrarsi in una comunità nuova. Da piccola pensavo che, naturalmente, tutti siamo parte di una comunità che ci offre supporto e il sentimento di unità ed anche uscendo dal proprio paese sarà lo stesso. Pensavo che cambiare paese non fosse altro che un'esperienza divertente. Vedi nuovi posti, impari una nuova lingua, conosci una nuova cultura. Però crescendo, iniziando a viaggiare e fare diverse esperienze all’estero ho iniziato a sviluppare un po’ di ansia nel partire per un'esperienza di lunga durata. Avevo scoperto dalle prime uscite che in un Europa che si vuole accogliente ed uguale per tutti in realtà si da ancora molto ascolto ai pregiudizi e agli stereotipi. Da quel momento, la mia maggior preoccupazione è sempre stata quella di come sarei stata percepita in un paese che non è mio, di essere messa in una categoria senza avere la possibilità di dimostrare il contrario.
Siamo abituati a giudicare senza conoscere e senza provare a conoscere.
La diversità culturale e non solo, ci spaventa.
Però penso che stiamo semplicemente evitando un’opportunità di crescita. La diversità, alla fine, non è altro che ricchezza. Siamo fatti per essere socievoli, creare relazioni, buttarci nello sconosciuto e trovare delle risposte. Metterci in gioco e conoscere nuove realtà, guardare il mondo anche attraverso gli occhi altrui e vivere la nostra vita in comunione con l'altro.
Avevo letto ad un certo punto un paragone sulla diversità culturale come un mosaico dove ciascuno di noi contribuisce con il suo pezzo. «Pensare che la tessera sia il mosaico sarebbe assurdo. Ma senza quella tessera, per quanto piccola e inconsistente, il mosaico sarebbe incompleto. Le tessere del mosaico hanno varie forme, colori e dimensioni. Proprio per questo il mosaico alla fine è così bello». (Fausto Giunchiglia)
A Genova ho scoperto che ci sono tante cose che possiamo imparare uno dell'altro, che abbiamo ancora da scoprire di noi stessi…
A Genova ho incontrato persone che hanno voluto iniziare da capo e gente che l’ha fatto non avendo un’altra scelta.
A Genova ho scoperto cosa vuol dire l’unità nella diversità.
A Genova mi sono sentita parte del mosaico.
di Lavinia Ancuta (economista e specializzata in statistica)
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