Fiducia...nelle crepe. (Anna Trabucchi - laureanda in Scienze dell'Educazione)

 

Esiste un’arte in Giappone chiamata “Kintsugi” per la quale gli oggetti che si rompono, anziché essere buttati, vengono aggiustati con una colla particolare colore dell’oro. Questo collagene, oltre ad aggiustare la crepa formatasi, la mette in risalto ancor di più. Quando qualcosa si rompe, quindi, non lo si butta via perché rotto, ma si prova ad aggiustarlo senza nascondere la rottura, anzi, mettendola in evidenza.
Dopo la visione in università del video “Come oro nelle crepe”* in cui la protagonista parla del Kintsugi, la prof. afferma: «Ecco, l’educatore deve aiutare a mettere l’oro nelle crepe».
Questa frase mi scuote molto e continuo a pensarci per diversi giorni. Inizialmente mi sembra qualcosa di irraggiungibile per me e mi chiedo: «Come posso io nella mia piccolezza, oltre che tentare di mettere oro nelle mie crepe, aiutare anche qualcuno a metterlo nelle proprie?» Mi sembra un’impresa molto più grande di me, quella di dare valore alle crepe degli altri, mettendole in risalto con qualcosa di prezioso e lucente.
E se anche mi fosse possibile, come potrei?
Il dubbio mi interroga, ma comincia presto a diventare un'altra domanda: «Potrei non mettere oro nelle mie crepe o in quelle di chi mi sta accanto?»
Mi spiego meglio: cresciamo cercando di evitare il dolore, illudendoci che capiti solo agli altri e mai a noi, lo vediamo naturalmente come qualcosa di lontano. Da piccoli ci sono i nostri genitori a proteggerci e crescendo costruiamo scudi.
Non pensiamo mai che siamo tutti esseri fragili, che andiamo in pezzi come una porcellana molto più facilmente di quello che crediamo. Forse ci fa sentire al sicuro crederci invincibili, forti, impassibili… sinceramente non credo che lo facciamo con intenzione ma solamente perché ci viene naturale così, siamo stati cresciuti in quest’ottica e in questa prospettiva proseguiamo imperterriti.
Spesso mi sembra di assistere a una gara a "chi è meno debole", a chi meglio sa nascondere una sofferenza dietro a sorrisi forzati o ad apparente indifferenza, anziché semplicemente dimostrare che qualcosa non va. Rispondere subito “bene” a un “come stai?” perché è naturale ed automatico rispondere così anziché pensarci un attimo e mostrare qualcosa che portiamo nel cuore, qualcosa di autentico, una fatica o una gioia di quel momento. Lo facciamo tutti.
Allora, in qualità di esseri umani, come possiamo evitare di mettere oro nelle crepe, nostre e di chi abbiamo accanto? Perché non provare, con gentilezza, a valorizzare questa fragilità che ci appartiene, nessuno escluso?! Dare valore a quello che ci rende fragili, invece di nasconderlo e sentirsi in difetto, ma metterci luce, brillantezza e far sì che quella crepa sia più forte e salda, più bella nella sua autenticità.
In conclusione, colgo la provocazione di un ragazzo che in un momento di confronto proprio sul tema della fiducia chiede al gruppo «Ma noi permettiamo agli altri di aiutarci?»
È un atto di grande fiducia e coraggio mostrare una rottura, ma è proprio permettendo agli altri di mettere oro nelle nostre crepe che possiamo essere ancora più unici e preziosi, ancora più umani.
E credo fortemente ne valga la pena!

di Anna Trabucchi  (laureanda in Scienze dell'Educazione)
* Gioia Di Biagio, Come oro nelle crepe.

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