Piangi, ti accolgo (Valeria Rodigari - educatrice)

 

È un pomeriggio apparentemente normale, dopo aver finito i compiti, c’è spazio per un momento libero: qualcuno gioca a calcetto, altri a carte, un gruppetto chiacchiera.
Ad un tratto incontro degli occhi lucidi, un volto rigato dalle lacrime, d’istinto mi avvicino, accolgo quelle lacrime. Non mi interessa sapere il motivo che ci sta dietro, voglio solo che la persona che mi trovo di fronte possa sentirsi accolta, libera di lasciarsi andare e sfogarsi.
Provo a mettermi in ascolto, non con le orecchie, ma con il cuore, probabilmente dietro quelle lacrime non c’è soltanto un motivo, è un insieme di piccole cose, un pensiero triste, un’insicurezza, una delusione e la classica “goccia” a far traboccare il vaso.
 
Torno a casa e ripenso a quel volto, a quelle lacrime.
 
Quante volte da piccoli ci siamo sentiti dire “Non piangere” per vari motivi, perché il contesto e il momento non erano appropriati, perché il motivo non era poi così importante, perché piangere è da deboli.
Quante volte siamo stati noi a pronunciare quelle stesse parole perché spesso di fronte a un viso solcato dalle lacrime proviamo imbarazzo e non sappiamo cosa dire, cosa fare.
Quante volte ci siamo coperti il volto per non mostrare agli altri gli occhi lucidi pieni di lacrime, come se ci vergognassimo a mostrarci fragili, come se piangere fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa da nascondere, un atto che ci rende deboli.
Quante volte abbiamo aspettato di rimanere da soli, chiusi tra le mura della nostra cameretta, per scoppiare a piangere lontani dagli altri, come se nessuno avesse il diritto di vedere le nostre lacrime, di vederci vulnerabili e autentici quando in realtà l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è sfogarci, sentirci ascoltati, non necessità di ricevere una soluzione.
É come se piangere fosse un atto di coraggio.
Non si piange di fronte a chiunque, è un atto intimo che richiede fiducia. Ci si lascia andare di fronte alle persone con cui ci sentiamo a nostro agio, di cui ci fidiamo, da cui ci sentiamo accolti e non giudicati.
 
Penso alla sensazione che si prova dopo un pianto, al volto rigato dalle lacrime, agli occhi rossi, al respiro che pian piano torna regolare, al senso di leggerezza che ci pervade, come se ci fossimo tolti un peso, come se ogni cosa fosse tornata al posto giusto.
Torno al pomeriggio apparentemente normale ed entra in gioco l’empatia.
Rivedo quel volto e anche a me scende una lacrima. Questa volta non faccio nulla per nasconderla, lascio che mi attraversi il viso, mi mostro fragile, proprio come la persona che mi trovo di fronte.

di Valeria Rodigari (educatrice)

Commenti

  1. È vero,è proprio cosi!
    Ma è altrettanto vero che la società in cui viviamo non ci permette e non siam abbastanza forti per metterci a nudo davanti un esigenza semplice ma importante!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Skatepark: sono tutti drogati!! ...ma dal pregiudizio. (di Michele Ricetti & una ragazza di 16 anni - educatore & studentessa)

Il colore della ragione. (di Sandy Cusini - educatore)

A Natale puoi…anche non essere felice. (di Daniela Lumina - educatrice)