Il tempo che scorre (di Chiara Confortola - educatrice e danza-terapeuta)

 

   Tempo: «nozione che organizza la mobile continuità di stati in cui s'identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un'idea di successione o di evoluzione».
   Questa la definizione della parola «Tempo», un concetto astratto che riporta all’idea del fluire, dello scorrere. 
   Per noi educatori il concetto di «tempo» assume un aspetto che porta con sé tanti significati. 
   Proprio durante una riunione di staff ci siamo confronti sulle sue infinite declinazioni:
   Tempo condiviso: conoscersi e conoscere. 
   Tempo per l’attesa.
   Tempo per me e per l’altro.

   Questi concetti appartengono ad ognuno di noi, nel nostro essere individui appartenenti ad un sistema più grande che è la comunità, la nostra società. 
   In una società che negli ultimi anni associa al concetto di «tempo» la parola velocità, la percezione della sua stessa scarsità, al tempo come «agire in maniera efficiente». Il tempo è diventato una delle colonne portanti della nostra cultura che lo ha portato all’ossessione e alla deviazione. 
   Come educatori, in tutto questo processo, come possiamo provare a ri-tornare al concetto di un tempo che scorre e non che cade senza controllo come una cascata sopra di noi?         
   Ripartendo dalle basi, dal principio, dalla sorgente: dal tempo per conoscersi e conoscere. 
   Poter portare uno sguardo introspettivo e chiederci chi sono, dove sono, dove vorrei andare e come posso raggiungere la meta. 
   Durante un’esperienza educativa lo abbiamo sperimentato con alcuni ragazzi della scuola secondaria di primo grado e alcuni ragazzi con disabilità. È stata una grande scoperta leggere nei loro occhi la curiosità e l’interesse di fermarsi e domandarsi su quello che li circondava; con impegno e responsabilità hanno portato risposte ricche di significato e ricche del loro sentire.
   Ognuno con i propri tempi.
   Ognuno con le proprie modalità.
   Proprio in questo saper aspettare l’altro e rispettarlo abbiamo dato voce al concetto di tempo per l’attesa, che spesso, ahinoi, ne dimentichiamo il valore, avendo difficoltà, talvolta, a lasciare quel vuoto che è colmo e «tende verso qualcuno o qualcosa» (etimologia di attendere).
   Riscopriamoci dunque capaci dell’attesa, di dare spazio all’altro che è come noi, con il suo sentire e la sua dignità. Non accorciamo i tempi per ottenere risposte o risultati, ma allunghiamo i tempi di ascolto e di attenzione per avvicinare i nostri rapporti. È proprio in questo «attendere» che sta la Relazione delle Relazioni, la relazione per eccellenza: la relazione madre-figlio.
   Dedichiamo la nostra attenzione nello riscoprici, nel conoscerci e verrà da sé la capacità di donarsi all’Altro.
   È insito nella nostra natura tessere relazioni che necessitano di cura ed attenzione: tempo per l’Altro.
   Nella sfida del giorno d’oggi come educatori dobbiamo essere in prima linea per trasmettere un messaggio di significato profondo riguardo alle relazioni che portano un nutrimento generativo che necessita di tempo, di sguardi attenti e di cura.
   Non è nostro compito fermare il tempo, ma fermare noi stessi e osservare il suo scorrere, nutrito dal nostro sguardo consapevole e dal nostro essere corpo al suo fianco. 

di Chiara Confortola (educatrice e danza-terapeuta)

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