Una giornata NO! (di Sandy Cusini - educatore)
A chi non è mai capitato di vivere una giornata… «NO».
Succede a tutti. A chi più e a chi meno.
Ci sono giornate, a volte, che vorremmo finissero immediatamente, alcune di quelle giornate che per un motivo, o per una serie di fattori, pensiamo che tutto vada storto e ce la prendiamo con il primo che capita; vorremmo solamente isolarci, e stare il più lontano possibile da tutti e tutto.
Così come gli adulti, nessuno è esente da questo stato d’animo, nemmeno i bambini con cui passiamo i nostri pomeriggi di lavoro.
Ci troviamo quindi a fronteggiare i bimbi la cui giornata è andata storta secondo il loro personale metro di valutazione, per noi a volte oscuro. Dobbiamo quindi gestire questa loro grande rabbia che normalmente si riversa sui loro compagni, i quali il più delle volte non hanno fatto nulla di sbagliato se non aver detto quella battuta o fatto quello scherzo normalmente tollerati. Sfortunatamente, oggi quella battuta o quello scherzo sono la goccia che fa traboccare il vaso già colmo di rabbia.
Ogni volta mi chiedo quali siano le ragioni di tutta quella collera che vedo nei loro occhi e sento nelle loro parole, provo ad immaginarmi quali siano i motivi che spingono i bambini ad arrabbiarsi con i compagni che fino al giorno prima erano i loro migliori amici inseparabili.
Provo a fantasticare su quali siano le ragioni per cui si possa arrivare ad essere così “lunatici”, mi chiedo per quale motivo il gioco preferito di un bambino, in quell’attimo sia la peggior proposta fatta a lui. Mi interrogo sulle modalità in cui esso viene proposto, sul gruppo di amici che si è formato in quella giornata, sulla squadra che per quella attività è stata creata, sui toni che sono stati utilizzati persino sulla scelta dell’ambiente in cui è stato proposto il gioco e su tantissimi altri fattori che, in quanto educatori, siamo chiamati a prendere in considerazione, ad osservare e riflettere per trovare una risposta a queste domande che di volta in volta già sappiamo daranno risposte diverse.
La soluzione non è facile, anzi il più delle volte è difficile trovare la radice del problema.
A volte per sbloccarsi da questa situazione basta che un loro amico superi quel muro fatto di «ho detto no e no» e provi a convincerlo che ci si può divertire lo stesso.
A volte invece basta un sorriso, una battuta fatta con leggerezza, ma non scontata, una di quelle battute che faccia capire quanto ci siano migliaia di altri motivi per essere arrabbiati, ma che in quel momento non hanno ragione di esistere.
A volte invece c’è bisogno di intervenire e mettendoci in ascolto per tutto il tempo necessario per capire quali siano i veri motivi di quella giornata storta. Certe volte invece va semplicemente lasciato lo spazio e il tempo necessario per potersi sfogare e riflettere.
Non sempre però questi metodi funzionano e non è detto che ogni volta siano la soluzione definitiva al problema, ma sono convinto che, se ognuno di noi si mettesse in ascolto, e si mettesse nei panni dell’altro e soprattutto avesse la pazienza di mettersi a cercare una soluzione insieme, riusciremmo a trasformare queste giornate no in occasioni per poter crescere gestendo le proprie emozioni e vivendo meglio il resto della giornata.
Succede a tutti. A chi più e a chi meno.
Ci sono giornate, a volte, che vorremmo finissero immediatamente, alcune di quelle giornate che per un motivo, o per una serie di fattori, pensiamo che tutto vada storto e ce la prendiamo con il primo che capita; vorremmo solamente isolarci, e stare il più lontano possibile da tutti e tutto.
Così come gli adulti, nessuno è esente da questo stato d’animo, nemmeno i bambini con cui passiamo i nostri pomeriggi di lavoro.
Ci troviamo quindi a fronteggiare i bimbi la cui giornata è andata storta secondo il loro personale metro di valutazione, per noi a volte oscuro. Dobbiamo quindi gestire questa loro grande rabbia che normalmente si riversa sui loro compagni, i quali il più delle volte non hanno fatto nulla di sbagliato se non aver detto quella battuta o fatto quello scherzo normalmente tollerati. Sfortunatamente, oggi quella battuta o quello scherzo sono la goccia che fa traboccare il vaso già colmo di rabbia.
Ogni volta mi chiedo quali siano le ragioni di tutta quella collera che vedo nei loro occhi e sento nelle loro parole, provo ad immaginarmi quali siano i motivi che spingono i bambini ad arrabbiarsi con i compagni che fino al giorno prima erano i loro migliori amici inseparabili.
Provo a fantasticare su quali siano le ragioni per cui si possa arrivare ad essere così “lunatici”, mi chiedo per quale motivo il gioco preferito di un bambino, in quell’attimo sia la peggior proposta fatta a lui. Mi interrogo sulle modalità in cui esso viene proposto, sul gruppo di amici che si è formato in quella giornata, sulla squadra che per quella attività è stata creata, sui toni che sono stati utilizzati persino sulla scelta dell’ambiente in cui è stato proposto il gioco e su tantissimi altri fattori che, in quanto educatori, siamo chiamati a prendere in considerazione, ad osservare e riflettere per trovare una risposta a queste domande che di volta in volta già sappiamo daranno risposte diverse.
La soluzione non è facile, anzi il più delle volte è difficile trovare la radice del problema.
A volte per sbloccarsi da questa situazione basta che un loro amico superi quel muro fatto di «ho detto no e no» e provi a convincerlo che ci si può divertire lo stesso.
A volte invece basta un sorriso, una battuta fatta con leggerezza, ma non scontata, una di quelle battute che faccia capire quanto ci siano migliaia di altri motivi per essere arrabbiati, ma che in quel momento non hanno ragione di esistere.
A volte invece c’è bisogno di intervenire e mettendoci in ascolto per tutto il tempo necessario per capire quali siano i veri motivi di quella giornata storta. Certe volte invece va semplicemente lasciato lo spazio e il tempo necessario per potersi sfogare e riflettere.
Non sempre però questi metodi funzionano e non è detto che ogni volta siano la soluzione definitiva al problema, ma sono convinto che, se ognuno di noi si mettesse in ascolto, e si mettesse nei panni dell’altro e soprattutto avesse la pazienza di mettersi a cercare una soluzione insieme, riusciremmo a trasformare queste giornate no in occasioni per poter crescere gestendo le proprie emozioni e vivendo meglio il resto della giornata.
di Sandy Cusini (educatore)
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