Ferite e feritorie (di Thomas Sosio - educatore)

 


Quante volte da piccoli ci siamo sbucciati le ginocchia, e quante volte ci rialzavamo più forti di prima e magari, imparando da quella caduta. 
Le ferite che accompagnano la nostra vita, sin da bambini sono fondamentali per donarci la forza per tornare a camminare e correre. 
Le ferite però possono essere anche quelle dell’anima, non solo quelle fisiche. Ferite che riceviamo, anche all’improvviso nel nostro cammino della vita. Mi piace però pensare che nel processo di guarigione delle ferite, ci sia sempre la componente della relazione e della cura, qualcuno che si prenda cura di noi, che ci metta un cerotto. L’importanza delle relazioni, della nostra famiglia, degli amici, di persone vere che ci donano la loro attenzione con il loro esserci. 
Le ferite hanno bisogno di tempo per rimarginarsi, hanno bisogno di attenzione e costante cura. Ognuno di noi subisce delle ferite, a volte senza che noi ne abbiamo colpa, avvengono, ci colpiscono e basta. Però dipende da noi come rapportarci con queste ferite, che siano fisiche o dell’anima, come ci comportiamo e che valore diamo a queste ferite, come tutto questo ci trasforma e accettare la sofferenza per farla diventare trasformante. 
Mi piace pensare, e invito a farlo anche voi, che per ogni ferita c’è anche una feritoia, che guarda e ci dà l’opportunità di vedere fuori da noi, un piccolo pertugio aperto che ci permette, in quella ferita, di vedere l’altro e se vogliamo ci permette di essere guarita. Secondo la tecnica giapponese del Kintsugi [1], da una ferita è possibile ridare vita a ciò che è stato danneggiato, creando una nuova forma da cui nasce una storia ancora più preziosa, sia esteticamente che interiormente. 
Ogni pezzo riparato diventa unico grazie alla casualità con cui la ceramica può rompersi, ci permette quindi di recuperare e valorizzare un oggetto rotto; allo stesso modo, una persona può superare e “guarire” le proprie ferite interne. Ferite e feritoie, caduta e ripresa, difficoltà e opportunità. 
Dipende quindi da noi come affrontiamo le “nostre” ferite, sapendo che è grazie ad esse che abbiamo l’occasione di guardare oltre il dolore e continuare a camminare, correre e sognare. L’occasione di tenere aperta, anzi spalancata quella feritoia, verso e fuori di noi, dove a guarire non sarà la ferita, ma noi.

[1] Il Kintsugi è una filosofia orientale che significa letteralmente “riparare con l’oro”. È un’antica pratica e tecnica giapponese che consiste nel riparare oggetti in ceramica, utilizzando l’oro per saldare insieme i frammenti.


di Thomas Sosio 

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