Sottobraccio (di Sandy Cusini - educatore)
Le feste si avvicinano, e nell’aria si respira già quell’atmosfera natalizia, fatta di cene in famiglia, regali che si spacchettano, dolci profumi e sapori che accompagnano momenti preziosi vissuti in casa. Tutto sembra quasi perfetto, a breve le giornate si riempiranno di ciò che assomiglia al concetto di felicità.
Qualche giorno fa, mentre stavo andando al lavoro, passa in radio una canzone (dei Pinguini Tattici Nucleari - Titoli di coda) che subito cattura la mia attenzione, un po’ per il ritmo coinvolgente ma soprattutto per un messaggio che in pochi versi mi fa riflettere.
Già, a volte anche le canzoni possono essere spunto di riflessioni ed è questo il mio caso. Nonostante il messaggio principale della canzone fosse un altro, il pezzo fa così: «Ed ho preso la tristezza sottogamba, sbagliando, andava accompagnata sottobraccio». Al primo ascolto ho sorriso, perché mi sembrava buffo come avessero descritto il concetto tristezza, impersonificandola in questo modo. Riascoltandola più volte, però, ci ho riflettuto molto e penso sia davvero sorprendente e di grande impatto come viene definita.
Già, me la sono proprio
immaginata come una persona che va presa sottobraccio e che ci accompagna tutti
giorni, a volte per brevi tratte, a volte invece per grandi tragitti. A volte è
lei che ci trascina con un passo pesante e svelto, altre ancora, come in questi
giorni, si fa per la maggior parte della gente piccola piccola, quasi
invisibile. A volte con grande cura nei dettagli le dipingiamo una maschera,
così bella e sorridente da farla sembrare un’altra persona. A volte ci aspetta
dietro l’angolo e facciamo di tutto per non incontrarla, c’è chi si riempie di
feste, musica, cibo, sostanze e altro per allungare le distanze da lei. Ci sono
giorni in cui facciamo di tutto per rimandare l’appuntamento con lei, ci
riempiamo di impegni ed ogni volta che si presenta troviamo una scusa
all’ultimo per poterne posticipare l’incontro. Quante volte ci capita di fare
così? Beh, penso sia normale, non volerla incontrare, nessuno vorrebbe essere
triste e fin da piccoli, sbagliando, ci viene insegnato che non dobbiamo
piangere e vengono trovate mille scuse per insegnarci che bisogna essere
felici, che bisogna essere il massimo, e che non si cresce piangendo, perché
solo i bimbi piccoli piangono e sono tristi. Mi piacerebbe però che attraverso
le righe di questo mio scritto guardassimo (magari) la tristezza da un altro
punto di vista. A me piace vederla come un’amica che va presa sottobraccio,
un’amica da imparare a conoscere in tutti i suoi aspetti, da quelli più
profondi che ci fanno capire quanto siamo fortunati ogni giorno a poter essere
felici, e credete ce ne sono davvero tanti; a quelli più effimeri, ogni tanto
gli va pur data una pacca sulle spalle, non possiamo mica lamentarci tutto il
tempo ed essere dei musoni tutti i giorni!
Questo spunto è
dedicato a chi, soprattutto in questi giorni che dovrebbero essere accompagnati
solo da gioia e serenità, passeggia fianco a fianco a questa sconosciuta, vi
auguro di poter chiacchierare con lei, magari tra una cioccolata e l’altra e di
poterla conoscere meglio.
E voi, come vi
immaginate la tristezza?
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