Che c***o vuoi? (di Michele Ricetti - educatore e pedagogista)

 


Non mi sono addormentato sereno. 
Alla domanda: «Mi spieghi che senso ha bere alcolici a collo alle 17 del pomeriggio?», 
La risposta è stata unanime: «cosa vuoi che ci sia di male», «non ha mai fatto del male a nessuno», «alla nostra età è giusto sballarci un po’», «ma si, eravamo in compagnia», «che cosa vuoi fare ad una festa?» fino al «fatti i cazzi tuoi» (il potere dell’alcool nel dire anche quello che normalmente non si direbbe) … 
Aspettavo quella risposta e ne colgo l’occasione: «beh, visto che sei a “casa mia”, eccome se sono cazzi miei, altrimenti puoi sempre farti bassare la sbornia altrove, magari direttamente a casa tua».
Silenzio. 
Il clima si fa serio. 
Decido di lasciarli in pace a riprendersi un po’, anche perché è praticamente inutile parlare con chi non ti ascolta o non si rendere conto che su alcune questioni non ha sempre senso scherzare. 
Passato un po’ di tempo, il clima è molto più disteso, la botta ha fatto il suo corso.
Riprendo il filo: «Mi spieghi il senso…?». 
«Non c’è un senso, volevamo provare, volevamo divertirci. Punto. Che cazzo me ne frega, alla fine è andata bene», riprende «Eh…Scusami». 
«Scusami? E per cosa?», improvvisamente abbassa lo sguardo «perché ho fatto una stronzata, anche se so che succederà ancora».
«Probabilmente hai ragione, ma la prossima volta che capiterà, anche solo un attimo prima ripensa a quel “scusami”».

Non ho la soluzione. 
Provo ad ascoltare, a capire a confrontarmi con loro. 
Il loro bisogno di sentirsi visti, importanti per qualcuno, parte di qualcosa. Parte di un gruppo, accettati per quello che sono e per quello che vorrebbero essere. Io credo che per certi aspetti non siano tanto diversi da noi alla loro età. Vero, sono cambiate tante cose, ma sfido chiunque a non rivedersi in loro in questi comportamenti. Non prendiamoci in giro…se i nostri genitori sapessero davvero tutto quello che abbiamo combinato anche noi, forse punteremmo meno il dito. 
Forse sapendo quello che abbiamo passato, chi più e chi meno, potremmo avere una possibilità in più per essere loro a fianco e trovare il modo (tutti come adulti) di prevenire tutto ciò affrontando il tema con serietà. Parlandone. 

di Michele Ricetti
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Giusto due domande per approfondire un po' il tema. (fonte: Italo Pretelli, Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile, in collaborazione con Bambino Gesù. Istituto per la salute.) 

Perché il fenomeno dell’alcolismo è sottovalutato?
Il problema dell’alcolismo spesso viene giustificato dalla nostra tradizione per cui gli alcolici sono comunemente consumati nel momento del pasto; inoltre, il “bere sociale” fa parte delle modalità comuni delle frequentazioni di gruppo.
Oltre agli aspetti culturali, l’alcol frequentemente non è percepito alla stregua delle altre sostanze d’abuso a causa dei suoi effetti modesti rispetto alle cosiddette “droghe pesanti”; ciò avviene poiché il fegato, l’organo più colpito dall’alcol, ha la straordinaria capacità di rigenerarsi.
Le cellule epatiche vengono sostituite nel tempo da tessuto fibroso; progressivamente il fegato diviene cirrotico e non più capace di svolgere le sue funzioni fino a poter dare danni all’intero organismo.
In conclusione, l’effetto non è evidente in tempi rapidi come per le altre droghe, ma è altrettanto subdolo e potenzialmente letale.

I numeri della dipendenza da alcool.
In Europa si stima che l’80% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni faccia un uso abituale di alcol; in Italia la percentuale di adolescenti della stessa fascia d’età è dell’84%, inoltre il 45% di questi ha iniziato il consumo alcolico a 13 anni o prima. 
La dipendenza da alcol sembra interessare soprattutto il sesso maschile (12,4%) rispetto a quello femminile (4,9%). Nonostante questa differenza, si calcola che l’uso di alcolici nella popolazione femminile tra i 15 e i 24 anni sia aumentato negli ultimi 30 anni del 103%.
Il tasso di incidenza è del 4,6% nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 17 anni, raggiungendo l’8,5% dai 18 anni in poi. Nella maggior parte dei soggetti che sviluppano il Disturbo da abuso da alcol dopo i 30 anni, è possibile rintracciare l’esordio con la prima intossicazione tipicamente nella prima adolescenza.
Dai risultati pubblicati dall’ultimo rapporto ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs), si evince una lieve riduzione del nucleo di adolescenti che consuma alcol ma una preoccupante modifica della modalità di consumo, definito come binge drinking.

Che cos’è il binge drinking?
Letteralmente “abbuffata alcolica”, cioè un consumo eccessivo di alcol in un arco ristretto di tempo. Si riscontra nel 37% dei ragazzi e nel 33% delle ragazze. Questa modalità di assunzione dell’alcol viene riscontrata in fasce d’età sempre più precoci, anche di 11-12 anni.
L’aumento dell’uso di alcolici in fasce d’età sempre più precoci sembra anche dovuto ad un marketing sempre più accattivante, colorato ed efficace degli alcolici (birre ed alcolpops) che promettendo una bassa gradazione alcolica fa sperimentare e poi abituare persone sempre più giovani all’uso dell’alcol.

Perché i giovani sono più a rischio di dipendenza da alcool?
Gli adolescenti sono una popolazione vulnerabile poiché: spesso non riescono a valutare le conseguenze di un eccesso alcolico, sono facilmente attratti da un certo tipo di marketing, necessitano nella fase di costruzione dell’identità personale di confrontarsi con gli altri e per questo possono seguire i modelli più rappresentativi, senza riuscire a criticarli a sufficienza. (…)
Frequentemente il disturbo da uso alcolico si sovrappone a particolari vulnerabilità personali come ansia, senso di inadeguatezza, bisogno di emergere, desiderio di trasgressione.

Qual è il comportamento più adatto?
Proibire semplicemente ad un adolescente di assumere bevande alcoliche può avere un effetto contrario a quello voluto perché a questa età tutto viene di regola contestato. 
È quindi fondamentale parlare con i propri figli e spiegare loro, ad esempio, che prima dei 15 anni di età il corpo non è ancora in grado di smaltire l'alcol che, di conseguenza, può creare seri danni all'organismo e allo sviluppo cerebrale.
È fondamentale parlare ai giovani fin da quando sono bambini, creare intorno a loro un ambiente familiare in cui la presenza dell'alcol sia visibile, ma discreta, e il suo consumo moderato. 
Si può discutere con loro sulle etichette delle bevande che li attirano, ad esempio spiegare cos'è la gradazione alcolica. Questo comportamento aiuta a responsabilizzare i ragazzi. 
Insegnare ai figli a capire i propri limiti adottando in famiglia comportamenti e stili di consumo sani. Spesso capita che i ragazzi bevano, e magari esagerino, per assumere un ruolo all'interno del gruppo. 
È importante spiegare loro che esiste un limite tra uso e abuso di alcol, informarli di come l'alcol possa alterare e peggiorare lo stato psicofisico delle persone, ma soprattutto che nel tempo il corpo richiederà quantità sempre maggiori di questa sostanza per arrivare a provare le stesse sensazioni.

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