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Quella "maledetta" paura

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  M: Ciao A., come stai? A: Ciao M., tutto abbastanza bene, anche se non so se lo sai, ma sono in quarantena. M: Davvero?! E da quando? A: Da un po’... a breve mi arriva l'esito del tampone. M: Spero comunque tu stia bene… A: Si si, per fortuna tutto ok, a parte che mi annoio un po', anche se sto bene da sola. M: E che fai tutto il giorno? A: Dipende, ma tra scuola, telefono, film e lettura il tempo mi passa abbastanza…ah, il silenzio alle volte è bestiale. M: In che senso? A: Che mi rendo conto che la frase che ho sentito di più in questi 10 giorni è stata: «adesso apprezzerai le piccole cose». M: Ed è così? A: Si, è così, mi mancano terribilmente! Mi manca l’aria fresca del mattino, mi manca l’abbraccio di un amico… M: Si raccontala giusta! Ti manca il moroso! A: Ma va scemo! Bhe in effetti anche quello… M: E poi che cosa ti manca? A: Mi manca il sorriso di un nonno che ti aspetta a casa dopo un’intera settimana via, mi mancano quei banchi tanto

E noi...come vogliamo essere ricordati?

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Partecipando ad un corso di formazione è stato chiesto a noi corsisti di pensare agli insegnati che ci hanno accompagnato nel nostro percorso scolastico e suddividere i “migliori” dai “peggiori”. Ed eccomi a tuffarmi nel passato, in una me bambina e poi ragazza, e a ripensare con affetto ad alcuni visi di maestre e professori. In particolare, ricordo che c’era un professore di filosofia alle superiori che ci regalò un cd con delle melodie composte da lui, e ogni melodia corrispondeva a ciascuno di noi. Conservo ancora gelosamente quel cd e ogni tanto riascolto la “mia” melodia e penso a cosa quel professore può aver visto in me, a com’ero, a come stavo vivendo quel pazzo periodo dell’adolescenza e ogni volta che lo ascolto da sola, ad alto volume, lasciandomi trasportare dalla musica, mi commuovo. Ricordo con affetto anche un professore di italiano delle medie, che tutti odiavano per i suoi modi irruenti, ma che è stato l’unico a capire che dietro a quella ragazzina disciplinat

La "seconda onda"

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Il mare ci dona pace e serenità. La calma piatta, il profumo, il silenzio. Sensazioni ed emozioni positive accompagnano il nostro camminare a piedi nudi sulla spiaggia. La vista all’orizzonte che si perde, all’infinito. Percepiamo tutto questo, quando il cielo è calmo e sereno. Quando però il vento cambia e le nuvole coprono il cielo terso, il mare si fa tempestoso e le onde più vivaci, quasi a rompere la quiete.  La “seconda onda” arriva dopo la prima: sappiamo cosa ci può aspettare e - forse proprio per l’esperienza acquisita - siamo più preparati e pronti. Non possiamo dimenticare che in questo mare ondoso e in burrasca ci sono un mare di opportunità. La comunità del nostro territorio è paragonabile a questo mare in burrasca, dove il vento e le intemperie aggrediscono il nostro quotidiano. Dobbiamo ritrovare la forza e la speranza di rivivere i luoghi, ma soprattutto le persone, che abitano la comunità. Dobbiamo accompagnare anziani e bambini, forse i più fragili e spaesati da que

I bambini...insegnano

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  «Ho sempre detto che non mi piace andare a scuola, in questi mesi ho fatto tante cose belle, mi sono anche un po’ annoiato, ma adesso ho voglia di tornare la scuola...» Questa confidenza di un bambino delle elementari, a cui sono seguite due chiacchiere per “capire meglio”, mi hanno fatto sorridere e pensare. Ripensando a questi mesi particolari è emerso un medesimo aspetto: una straordinaria adattabilità dei bambini al cambiamento.   Dirlo è semplice, vederlo realizzato nella quotidianità mi lascia sempre un positivo slancio di speranza. Certo, penso non siano mancate le fatiche, la necessità di rassicurazioni, le inquietudini implicite associate alle preoccupazioni per la salute di qualcuno, l'esternazione del dispiacere delle restrizioni che impediscono un sacco di cose, ma subito dopo è emersa la creatività, l'inventiva e l'ingegno. La fantasia si è fatta strada mostrando una capacità di elaborare la nuova situazione in tempi brevi, modificando comportamenti e st

Qualcuno dice: «non è più la gioventù di una volta»

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  Lavorando in campo educativo da diversi anni, molto spesso mi è capitato di sentir dire da svariati adulti, la fatidica frase «É cambiato tutto, non sono più i giovani di una volta!», e ogni volta che la sento ha quel non so che di scoraggiante e demotivante, per questo ho provato a farmi un'idea riguardo a questa strana “convinzione adulta”. Certo, i tempi sono cambiati, anche solo rispetto a quando ero bambino. Il mondo ha avuto un'evoluzione davvero rapida e importante, e parliamo solo di una decina di anni fa e poco più. Certamente la tecnologia, il modo di relazionarsi e le abitudini quotidiane hanno subito una vera e propria rivoluzione, ma questo vale da sempre nel passaggio da un'epoca ad un'altra.  Eppure, mai ho sentito dire che il mondo rischiava la sua fine per colpa del cambiamento radicale delle "nuove generazioni".  E allora perché dare la colpa ai nostri giovani sempre e comunque? Potrebbe sembrare un controsenso, ma essi sono solo il risulta

Perché scrivere di educazione?

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  Quando tutto questo è iniziato, due anni fa, nessuno di noi avrebbe pensato che saremmo riusciti in questa nostra sfida. La sfida di “mettere su carta” quello che tramutiamo nella quotidianità del nostro lavoro educativo con i bambini e i ragazzi che incontriamo quotidianamente. Un giorno, una lettrice che ha avuto tra le mani #GliSpuntiDelVenerdì mi chiese spontaneamente perché avessimo deciso di pubblicare questi libretti, dato che non era esplicitato da nessuna parte. Una domanda che mi ha fatto pensare e sorridere allo stesso tempo: non è mai facile parlare di educazione, ma come équipe avevamo scelto un modo discreto e senza nessuna pretesa o presunzione, eppure questa domanda ci chiedeva esplicitamente il perché. Crediamo che la risposta sia più semplice del previsto: Perché amiamo il nostro lavoro e vogliamo trovare il modo di spiegarlo “con le nostre parole”. Perché vogliamo fare in modo che si possa capire il senso di alcune nostre scelte, e cercare di far conoscere

Campus Tremenda #Ado20 (video)

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