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Il sogno...

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  M: Ciao A. allora hai deciso o ancora no? A: Ciao M. deciso cosa? M: Un uccellino mi ha detto che stai pensando di fare il 4° anno all’estero… A: Certo che non si può nascondere nulla… M: Di solito uno nasconde le cose “brutte” o le cose di cui ha paura. A: Beh allora hai azzeccato…la seconda opzione è la mia… M: Paura? A: A dirti la verità in merito a questo viaggio penso molto, e ho paura di partire. M: Beh è una paura sacrosanta, ma cosa ti spaventa? A: Penso alla possibilità di non riuscire ad adattarmi alla situazione, penso di farmi delle aspettative che poi mi potrebbero lasciate delusa, di non riuscire a lasciare la mia “comfort zone”, di lasciare l’ambiente a me famigliare, la mia famiglia e i miei amici... M: Se ti consola, sono paure che abbiamo anche noi adulti…a dirla tutta abbiamo paura anche per molto meno… A: Si lo so, mi rendo conto di avere molte paure, ma forse sono queste che più di tutte mi hanno aiutato a fare questa scelta. M: Tanta roba

Ascoltami con il cuore...e forse toglierò la mia maschera.

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Ironia della sorte…siamo alle porte del carnevale e mi ritrovo a scrivere "Gli Spunti Del Venerdì" (#glispuntidelvenerdì3) …proprio io che non sopporto il carnevale! E mentre guardo “sconsolata” le mie bambine pensare al costume del carnevale (che anche se è virtuale non si può mancare!) con gli occhi che brillano per l’eccitazione, le parole che escono frenetiche dalla bocca per stare dietro alle idee, ecco che indossano una maschera trovata in uno scatolone e all’improvviso Pirandello viene a bussare nella mia mente “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo resti nessuno”.  La maschera…ogni giorno che ci alziamo eccoci pronti ad indossare la nostra, tutti, nessuno escluso! Ci sono diversi tipi di maschere e possono essere intese in diversi modi, tanto da poterne davvero scrivere un libro, ma è dietro ad ogni maschera che io voglio andare… Dietro ad ogni maschera c’è una vita vissuta, un dolore, una sofferenza magari troppo

Raccontare educa

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  Il narrare e il raccontare sono principalmente un’azione, un movimento dall’io verso un tu, un noi, è un andare verso l’altro, narrare è un atto relazionale, che rende noto, evidente, una parola, uno scritto, un gesto e dunque un significato. Daniel Taylor sostiene che « ognuno è il prodotto delle storie che ha ascoltato e che ha vissuto»* Quotidianamente si racconta e ci si racconta, ed è proprio questa relazionalità lo strumento del processo formativo per la costruzione di significati. Nella storia evolutiva dell’uomo, il narrare ha risposto e continua a rispondere a una necessità profonda, addirittura primordiale. Oralità e scrittura, sono sempre stati strumenti di trasmissione del sapere e dei racconti che accompagnano la vita dei popoli nella storia. Attraverso le narrazioni le persone divengono compiutamente umane perché dispongono di un modo per riflettere su quello che hanno dentro di sé, proprio raccontandolo agli altri. Raccontare il lavoro educativo dei diversi servizi

Oh... santa pazienza!!

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  In coda alla cassa del supermercato; una nonna e due nipotini abbastanza piccoli, un nipote un po’ irrequieto e la nonna che si barcamena in qualche modo tra la spesa, le borse, i nipoti per poi uscirsene con un sarcastico “Santa pazienza”. Lì per lì ho sorriso, poi ripensandoci ho fatto qualche pensiero… forse la pazienza è davvero qualcosa, passatemi il termine, “di santo” e che permette di far evolvere diverse situazioni. A chi non capita di pazientare? Aspettare che il semaforo scatti, aspettare che qualcuno impari qualcosa, aspettare il voto di una verifica, aspettare che un progetto si realizzi, aspettare qualcuno che ritorni a casa. Aspettare e rispettare che qualcuno riesca a fare qualcosa da solo magari con tempi diversi dai nostri, aspettare un appuntamento o un evento, aspettare di poter ripartire e ricominciare, aspettare…. Chissà quante cose ognuno di noi attende. A volte, presi dai ritmi incalzanti, ci facciamo sfuggire tante cose, tanti particolari importanti. La pa

Al Carnal Virtual 2021

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REGOLAMENTO: 😏 Scegli   la categoria a cui vuoi partecipare: "Congiunti" e/o "Singola mascherina" (una sola persona nella foto) 💫   Scatta   la tua foto.  💥   Spediscila   ENTRO il giorno di Carnevale (domenica 14 febbraio) all'indirizzo mail ciagilivignotrepalle@gmail.com oppure al numero WhatsApp 329.7488338. Lunedì 15 febbraio le foto pervenute verranno pubblicate sulla pagina Facebook del CiAGi Livigno. Una giuria vaglierà le mascherine partecipanti. Martedì 16 febbraio sarà proclamata la mascherina vincitrice nelle due categorie! L'impegno che vi chiediamo è quello di vivere  q uesto momento di allegria nella vostra famiglia, magari costruendo da 0 il vostro costume,  dando spazio alla fantasia  coinvolgendo genitori e bambini! Perciò pronti via! #Carnal2021 #ciaginonmolla #MascheraColSorriso  

Quando sarò grande, vorrò essere un bambino.

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  Quante volte ci è capitato nella vita di sentir dire a un bambino: «quando sarò grande vorrò fare l'astronauta, il pompiere, la ballerina … » . Il bello delle loro affermazioni è che ci credono davvero, hanno negli occhi quella convinzione e quella determinazione che farebbero invidia a chiunque. Eppure, dagli adulti non vengono mai presi troppo sul serio. Forse perché a noi, con il passare del tempo, la vita ci ha un po' rassegnati e la voglia di sognare liberamente abbiamo preferito chiuderla in quel famoso cassetto, insieme proprio a quei sogni mai realizzati. Questo il motivo per cui quasi nessun adulto si domanda, una volta diventato grande, se sia diventato proprio quello che sognava da bambino, anzi probabilmente non ce lo ricordiamo nemmeno più.  Allora forse è giusto imparare qualcosa dai bambini, perché la loro spontaneità nel porsi obbiettivi senza pretese e senza fretta, ci deve insegnare che nella vita bisogna sempre puntare più in alto di dove vediamo, di dov

Anno nuovo, nuovi pensieri.

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In certi periodi della nostra vita, si tende a vedere tutto un po’ in modo drammatico, soprattutto quando ci capitano eventi spiacevoli e ci sembra di non riuscire più a vedere la via d’uscita. Credo che alle volte dovremmo essere telespettatrici delle nostre vite. Al mattino, per esempio, o appena possibile nell’arco della giornata, proviamo a fare “mente locale” sulle fortune che abbiamo. Proviamo, indipendentemente da quello che ci succede, e ci renderemmo certamente conto che ognuno di noi ha ricevuto molto e ogni giorno non fa altro che ricevere. Risulta difficile lo so, ma se ci pensiamo bene, ci accorgeremmo di quante sono le ragioni per sentirsi grati nella vita. Il sentimento di riconoscenza credo possa arricchirci e migliorare qualsiasi stato e portarci la gioia e la felicità anche quando ci sembra impossibile magari perché il dolore è il sentimento dominante in quel determinato momento. Solo quando essere grati diventerà uno stile di vita delle persone, ci sveglierem