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Meno "o", più "&". (Daniela Lumina - educatrice)

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  Nella nostra vita ci vorrebbero più “e” e meno “o” e lo scrivo da donna, da moglie, da mamma, da educatrice, ma soprattutto da essere umano… lo scrivo con una certa leggerezza nel cuore, dopo aver letto il libro “Fattore &” [giugno 2022] di Chiara Franchi.  Questo libro mi ha regalato uno spunto che condivido con voi e che spero possa far riflettere qualcuno e far tirare un sospiro di sollievo a qualcun altro! Viviamo in una società che ci ha resi schiavi di quello che ci hanno raccontato e spesso ci troviamo davanti a una scelta difficile o dolorosa, a nascondere il dolore perché è meglio mostrarsi forti e sempre sorridenti anziché vulnerabili , sempre sicuri di noi stessi anziché darci il permesso di chiedere aiuto e spesso andiamo in ansia se facciamo qualcosa di sbagliato o riceviamo qualche critica, dimenticandoci che non possiamo piacere a tutti (come tutti non piacciono a noi). Prendendo un po' di spunto dal libro e mettendoci un po' delle mie riflessioni, provo a

Ho il piacere di conoscerti (Monica Franceschina - educatrice)

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  "Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino"* In una classe di ragazzi delle superiori entra inaspettatamente l’insegnante di sostegno. I compagni si guardano un po’ impauriti, la prof capisce che qualcosa non va ma si siede a fianco a Luca ed osserva. Giulio fa la smorfia ai compagni di stare tranquilli, la prof continua ad osservare. Giulio si avvicina a Luca e gli chiede qualche informazione sul DVD che da giorni porta a scuola. Il suo DVD preferito. - Wow, anche io ho quel DVD. Ma l’immagine dentro è uguale a quella della custodia? La prof continua ad osservare. - Si sì, ugualissima - Luca sicuro? Mi fai vedere se è come il mio? - Certo, è il mio dvd preferito. … impossibile descrivere la faccia di Luca quando apre la custodia e ci trova … IL CD DI TEDESCO 😡 !! Tutta la classe scoppia a ridere ma con un po’ di timore. Guardano la prof, anche lei sorride. La prof di classe entra e sente la voce di Luca:  

Di generazione in generazione (Lino Da Acerce - figlio, padre e insegnante)

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  Marco. 0 anni e 5 mesi. Mio figlio, secondogenito, fratello di Stefano. Giuseppina. 89 anni e 8 mesi. Mia nonna materna. Il primo è uno scrigno di possibilità ancora inespresse, raccolto in 65 cm di lunghezza; la seconda, un profondo serbatoio di storia racchiuso in una mente che, giorno dopo giorno, diventa sempre più inaccessibile. Un pianto talvolta inconsolabile per fame, sonno e fastidi di varia natura, il primo; un mosaico di frammenti di antichi ricordi dentro una completa ignoranza riguardo tempi e spazi della vita quotidiana, la seconda. “Prendiamo ad esempio un neonato: non si esibisce, esiste, e come tale è una struttura che interpella […] Le fragilità ci interpellano, interrompendo le abitudini” [1] In che senso le fragilità ci interpellano? Si potrebbe pensare che semplicemente ci chiedano cura, reclamando la nostra attenzione, cosa peraltro molto concreta e tangibile nel pianto notturno di un bambino, o in un’anziana che richiede presenza costante e prevenzion

Fiducia...nelle crepe. (Anna Trabucchi - laureanda in Scienze dell'Educazione)

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  Esiste un’arte in Giappone chiamata “Kintsugi” per la quale gli oggetti che si rompono, anziché essere buttati, vengono aggiustati con una colla particolare colore dell’oro. Questo collagene, oltre ad aggiustare la crepa formatasi, la mette in risalto ancor di più. Quando qualcosa si rompe, quindi, non lo si butta via perché rotto, ma si prova ad aggiustarlo senza nascondere la rottura, anzi, mettendola in evidenza. Dopo la visione in università del video “Come oro nelle crepe”* in cui la protagonista parla del Kintsugi, la prof. afferma: «Ecco, l’educatore deve aiutare a mettere l’oro nelle crepe». Questa frase mi scuote molto e continuo a pensarci per diversi giorni. Inizialmente mi sembra qualcosa di irraggiungibile per me e mi chiedo: «Come posso io nella mia piccolezza, oltre che tentare di mettere oro nelle mie crepe, aiutare anche qualcuno a metterlo nelle proprie?» Mi sembra un’impresa molto più grande di me, quella di dare valore alle crepe degli altri, mettendole in risal

Non ti viene voglia di danzare? (Chiara Confortola - educatrice e danza terapeuta)

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  Proviamo ad immaginare un fiocco di neve.  Chiudiamo gli occhi e disegniamolo con lo sguardo, nella nostra mente.  Tracciamo i suoi confini, definiamo la sua forma e diamogli un colore. Osserviamolo con cura ed attenzione e accogliamo questa nuova immagine che è nata dentro di noi. È solo nostra e porta con sé tanta bellezza.  È il MIO fiocco di neve. E chissà, magari ha già anche un nome.  Il mio si chiama "Zelo". È un fiocco che è partito per un viaggio.  Scende dal cielo talvolta in modo lento e talvolta più veloce. Incontra tante anime, tanti corpi e tanti cuori: li incontra casualmente o alcune volte intenzionalmente. Sfiora corpi che lo accolgono e altri che lo evitano. Incontra sorrisi, lacrime, bronci, voci alte, urla gioiose, abbracci che stringono forte, spalle che accolgono.  Quante sorprese vive questo fiocco di neve! E io...me lo immagino veramente il mio fiocco di neve che scende e danza con tutti gli altri fiocchi di neve, tra un abbraccio che crea vicinanza

Grazie mille di tutto (Chiara Dei Cas - Operatrice Socio Sanitaria)

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  Quanto entusiasmo riaprire una scatola e trovare traccia del passato, sentire profumi dimenticati, ricordare il bianco candido di un biglietto ingiallito dal tempo, dal quale spicca una scritta nera, tremolante, un dono prezioso datomi in una giornata particolare da una signora anziana, la cerco nei miei ricordi, la trovo, sorrido. Chiudo gli occhi e provo a rivivere alcuni momenti che il tempo mi ha fatto condividere con lei, sorrisi, emozioni, storie... momenti che custodisco gelosamente. Questo è quello che volevo fare nella vita, esserci quando qualcuno avrebbe avuto bisogno, scelsi così di iscrivermi al corso per diventare OSS (Operatrice Socio Sanitaria). Tra tutta la teoria insegnata, la cosa principale e ogni volta ribadita che mi fu detta. era che per diventare un buon operatore, bisogna mantenere le distanze e non farsi coinvolgere troppo; ma quanta fatica nella pratica! Ogni mattina, prima di recarmi al lavoro, quando esco di casa non solo chiudo la porta, chiudo la mi

Ti va di sorridere?

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  Il nostro è un lavoro molto particolare, o meglio, quando si parla di educazione ci si ritrova sempre in un campo molto particolare che richiede una grande conoscenza gestionale di specifiche vicende, e a volte capita di aver a che fare con situazioni delicate e non sempre risolvibili in maniera rapida e semplice. Personalmente nell’arco degli ultimi mesi, nell’insieme dei vari cambiamenti, come ad esempio passare da un Centro Estivo all’inizio della scuola, e di tutte le attività invernali che il CiAGi propone, sono accaduti degli episodi in cui anche io mi sono ritrovato in difficoltà, perché è proprio così: educare a volte non è affatto semplice, ci si ritrova in un insieme di dinamiche, teorie studiate, attitudini personali e soprattutto emozioni che rendono il tutto più complicato del previsto e prendere delle decisioni in questi casi richiede un grande coraggio e una grande responsabilità. La fortuna del mio lavoro però è quella di essere affiancato ad altri educatori che sann